
Educare alle relazioni
E' notizia di questi giorni il dibattito piuttosto acceso che vede coinvolti insigni politici, psicologi ed educatori intorno alla proposta del ministro Valditara di introdurre nell'orario scolastico come insegnamento obbligatorio la nuova materia di Educazione alle relazioni (o all'affettività). Certamente meritoria e lodevole la proposta del nostro ministro dell'Istruzione, che coglie un problema importante che riguarda la nostra nuova generazione di giovani (ma non soltanto) e che ormai è sotto gli occhi di tutti: gli uomini stanno perdendo la capacità di vivere in relazione tra di loro in modo soddisfacente e pieno.
In altre parole: non siamo più capaci di vivere insieme tra essere umani nel modo proprio degli essere umani, al punto che qualcuno deve insegnarlo ai bambini e ai ragazzi a scuola. E agli adulti chi potrà mai insegnarlo?
Ma facciamo un passo indietro, perché se non si tratta di andare a caccia del colpevole in un processo a ritroso che ci riporterebbe inevitabilmente al serpente tentatore nel Giardino dell'Eden, certamente può essere utile comprendere dove siamo per poter imboccare a questo punto la giusta direzione.
La fine delle guerre e il diffuso benessere materiale in Occidente hanno esasperato negli ultimi 80 anni la tendenza all'individualismo più sfrenato, in virtù del quale ciascuno si sente autorizzato a perseguire le proprie aspirazioni e desideri a tutti i costi, anche se questo dovesse comportare un andare dritti in solitaria incontro al proprio destino. Abbiamo barattato la relazione con l'autorealizzazione, nella narcisistica convinzione di bastare a noi stessi. Menzogna ed inganno non molto diversa da quella che il serpente mosse ai nostri progenitori tanti tanti anni fa. E a pensarci bene in effetti anche Adamo ed Eva, un po' come noi, non se la cavavano proprio male, visto che disponevano di tutto il necessario senza far fatica, stando al racconto di Genesi.
E allora tocca azzerare il calendario della storia e ricominciare da zero.
Come si fa a vivere in relazione tra essere umani nel modo proprio degli essere umani, l'unico capace di farci stare bene, anche quando tutto sembra andare bene? Perché certamente è molto più semplice sentirsi tutti uniti quando ci si trova a doversi difendere da un comune pericolo, quando insomma le cose vanno male, ma veramente male...
Eppure non possiamo certamente rimpiangere guerre e povertà per ritrovare la via della felicità nelle relazioni.
Dobbiamo imparare a vivere bene in relazione tra di noi anche quando apparentemente non avremmo bisogno degli altri e ci sembra che in fondo da soli ce la caviamo e stiamo pure meglio. E come facciamo, caro Ministro? Chi potrà insegnarcelo?
Nulla è più proprio dell'essere umano quanto il vivere in relazione. Scienziati e paleontologi concordano nel dire che ciò che permise ad Homo sapiens di sopravvivere alle altre specie di Homo fu proprio la sua capacità di vivere in cooperazione. A questo punto possiamo affermare, non senza una certa preoccupazione, che effettivamente oggi, prima che del pianeta Terra, è a rischio la sopravvivenza della nostra stessa specie. E di fronte a questo scenario apocalittico ben arriva la proposta di Valditara, e che un'educazione alle relazioni sia.
Ma dovrebbe trattarsi tutt'al più di un provvedimento di emergenza utile in una fase della nostra storia per poi poter tornare alla naturalità dello stare in relazione nel modo che più ci si confà, in famiglia e nella società.
L'assunto da cui occorre ripartire e a cui occorre tornare è riconoscere che non ci siamo fatti da soli, come ci ricorda costantemente il nostro ombelico. Ci portiamo infatti sul corpo come cicatrice indelebile che se siamo qui è perché qualcuno ci ha generato: siamo stati concepiti da una coppia di corpi genitoriali, siamo cresciuti stando nel grembo di una donna per nove mesi e siamo venuti alla luce perché questa donna ci ha partorito nel dolore. Appena nati, qualcuno si è preso cura di noi perché sappiamo bene che un essere umano non è in grado di prendersi cura di sé al punto da garantirsi la sopravvivenza fisica almeno fino ai sei anni di vita.
Ma oltre a tutto questo, come la mettiamo con la nostra psiche e il nostro insopprimibile bisogno di amare e di sentirci amati? Come possiamo pensare di bastare a noi stessi? Di essere, seppure adulti, creature autosufficienti?
In famiglia, a scuola, nella società bisogna tornare ad avere il coraggio di dire la verità su noi stessi: abbiamo bisogno dell'altro, non ci basta un'intelligenza artificiale, perché quello di cui necessitiamo è un corpo fatto di carne che si prenda cura di noi, che ci guardi e ci ascolti, che ci prenda per mano e ci abbracci; un corpo che ci conosca e che ci ami per quello che siamo, un corpo con cui ridere e con cui piangere.
Questa è la verità sull'essere umano e non basteranno Internet, Amazon, una bella casa e chi più ne ha più ne metta per saziare l'insopprimibile bisogno di relazione intercorporea che ci contraddistingue come essere umani, una verità che occorre con urgenza riportare al centro dell'attenzione, se non vogliamo definitivamente soccombere.