Boomer, Gen X, Gen Y, Gen Z e Gen A: una convivenza possibile tra generazioni

18.05.2024

Mediamente il passaggio da una generazione a quella successiva dovrebbe avvenire ogni trent'anni. O perlomeno funzionava cosi fino a un'ottantina di anni fa. I dati oggi alla mano affermano che dal secondo dopoguerra il tempo che intercorre tra una generazione e l'altra si è praticamente dimezzato. Accade quindi che, se da una parte, per via dell'iperconnessione tecnologica del mondo globalizzato, i cambiamenti culturali e sociali avvengono in tempi molto rapidi, dall'altra, a causa della tarda età in cui si tende ad avere il primo figlio, di fatto tra un genitore e un figlio passano non una, ma almeno due generazioni. 

I sociologi hanno così classificato le generazioni attualmente in vita: i  Boomer sono i nati tra il 1940 e il 1959; la Gen X  comprende i nati tra il 1960 e il 1979; la Gen Y (millennial) i nati tra il 1980 e il 1994; la Gen Z quelli nati tra il 1995 e il 2010 e la Gen Alpha sono gli ultimi arrivati, ossia i nati dal 2010 ad oggi.

Questo accorciamento del tempo intergenerazionale dovuto alla rapidità dei cambiamenti culturali in atto, unito alla consuetudine sociale orma radicata di figliare verso i 40 anni, non fa dunque che aumentare in modo esponenziale e apparentemente irrimediabile il divario tra genitori e figli, ma anche tra insegnanti e alunni, in generale tra il mondo degli adulti e quello dei giovani.

Con tutte le conseguenze negative che questo grande divario comporta in termini di comprensione reciproca e di dialogo tra persone di diversa età e con un retroterra culturale profondamente diverso, che, pur vivendo nella stessa casa o città, si sentono così distanti.

Allo stesso modo, di pari passo con l'accelerazione dei tempi nel passaggio da una generazione all'altra, si registra un'abbassamento del livello generale di ben-essere nella vita delle persone, col manifestarsi di diffusi stati di malessere di natura soprattutto psichica in un'età tra l'altro sempre più precoce. Se sono già allarmanti le notizie relative agli aumenti di casi di malattie mentali e soprattutto di suicidi registrati lo scorso anno nel mondo, risulta a dir poco sconvolgente e tragico il dato dei circa 46mila casi di suicidio nel 2023 solo tra gli adolescenti oltre, in generale, ad un aumento del 30% delle diagnosi di disturbi psichici e di sintomi depressivi nella popolazione mondiale. Anche in Italia, il bel Paese, la situazione non è migliore: sono coinvolte in problemi di natura psichica ben 1 persona su 3.

La situazione è indiscutibilmente preoccupante e ci interpella tutti. 

Come sempre, quando accade una tragedia, ci si mette a caccia del colpevole. Così oggi si tende a rintracciare la causa di questo malessere, diffuso soprattutto tra i giovani, nella pandemia da Covid-19 e nell'uso smodato degli smartphone: condizioni che in entrambi i casi hanno favorito e favoriscono specie negli adolescenti la tendenza all'isolamento sociale. 

Ma, se ci pensiamo bene, questa condizione di vita, caratterizzata da una tendenza all'isolamento sociale, non è nuova: abbiamo assistito in quest'ultimo secolo ad una sorta di progressivo sfilacciamento delle relazioni interpersonali, familiari e amicali, provocato certamente dal diffondersi dello stile di vita individualista proprio delle grandi città, dove non c'è spazio per la vita di comunità.

In altre parole siamo tutti molto più soli: i social ci danno l'illusione di non esserlo, ma la verità è questa, ed è inutile negarlo. 

Si sta rompendo quel perfetto equilibrio tra specie umana e ambiente tenuto in piedi per millenni dalla forza della cooperazione tra gli abitanti di una stessa comunità, quasi una tendenza naturale a prendersi cura tra vicini di casa gli uni degli altri e del creato, la propria casa comune. 

Oggi ci siamo inventati così tante false esigenze individuali, da avere il tempo e l'energia a malapena sufficienti per provvedere ciascuno a se stesso: in una situazione di "pace pragmatica", combattiamo in solitaria tutti contro tutti per la "sopravvivenza" personale. Da qui, ritengo, il proliferare negli ultimi anni delle malattie autoimmuni che di fatto sono reazioni anomale dell'organismo che, sentendosi continuamente aggredito dal nostro stesso stile di vita stressante e antiumano, invece di difendersi da virus e batteri pensa di doversi difendere da se stesso e si auto-aggredisce.

Capiamo tutti che la situazione è grave: qualcosa bisogna fare, e con urgenza, se non vogliamo autodistruggerci. 

Bisogna operare una vera e propria rivoluzione pacifica: la rivoluzione del ben-essere personale e relazionale.

Propongo allora un programma di vita alla portata di tutti, semplice ma controcorrente, che possa rendere le nostre vite più felici: 

1. Riorganizzare le agende riducendo drasticamente il numero di impegni da poter sostenere nel corso di una giornata così da poter imparare camminare a passo più lento.

2. Fermarsi ogni tanto e prendersi del tempo per concentrarsi o per contemplare la bellezza che c'è sempre nella nostra vita e attorno a noi.

3. Privilegiare le occasioni di incontro con parenti e amici per riposarsi, piuttosto che cercare momenti di relax individuali.

4. Dialogare in famiglia e sul posto di lavoro almeno al momento dei pasti e trascorrere meno tempo sui social.

5. Non porsi obiettivi di vita che superino di troppo le proprie reali e immediate possibilità in ambito professionale, sentimentale, estetico, di salute, economico, sociale:  godere di quello che si è e di quello che si ha, senza aver fretta di avere di più né di migliorare quanto prima la propria condizione.

Questo semplice programma di vita, basato su una modifica dei propri tempi e un ribilanciamento delle priorità, ci permetterebbe di sentirci meglio senza dover cambiare troppo le nostre abitudini. Rallentando i ritmi e vivendo con più consapevolezza e pienezza il presente, ridurremmo anche gli effetti del divario culturale tra le generazioni che risultano invece come potenziati in modo esponenziale dai ritmi frenetici della vita di ciascuno di noi. 

Sono convinta che impostando in modo nuovo la nostra vita potremmo sentirci tutti meno stressati, meno distanti e  più propensi al dialogo in famiglia e in società. 

Procedendo ad un passo più umano, potremmo rimetterci ciascuno al timone della propria vita. Potremmo scegliere di fare quello che veramente vogliamo e non quello che ci detta la moda o l'influencer di turno. Cambierebbe la nostra percezione delle urgenze e delle priorità e, recuperando uno stile di vita più umano, ritroveremmo finalmente il nostro ben-essere personale e relazionale, permettendo così anche alle numerose generazioni oggi coesistenti di vivere tutte insieme in modo pacifico e costruttivo.




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