
La paura del diverso nella propria casa
Siamo ben consci di questa realtà ormai ovvia per tutti: noi cittadini del terzo millennio siamo divenuti cittadini del mondo. Abbiamo annullato i confini spaziali creando una realtà virtuale capace di connettere persone distanti anche milioni di chilometri. La nostra identità cittadina, regionale o nazionale è sempre più sfumata in una realtà globale, complessa e multietnica che ci affascina e forse un po' ci spaventa.
L'antico detto "mogli e buoi dei paesi tuoi" è espressione di un mondo e di un modo di pensare che non esistono più. Sono in crescita i matrimoni misti, all'ordine del giorno le unioni tra persone di diversa provenienza ed etnia. Credo che oggi sia quanto meno rara se non obsoleta un'unione tra persone nate nella stessa città, figurarsi tra compaesani. Quello che ieri appariva come normale, ora non lo è più.
L'idea di poter nascere, crescere e morire nello stesso paese è proprio di uno stile di vita passato che non ci appartiene più. Sappiamo dove siamo nati ma non dove vivremo... Siamo sempre pronti a partire e a ricominciare. Il mondo è la nostra casa e questa ritengo si debba considerare un'acquisizione molto positiva: le nostre diverse identità spaziali convivono senza contraddirsi ma integrandosi, così che siamo persone sempre nuove, in continuo cambiamento, perché aperte a nuove conoscenze che possono mettere in discussione schemi e mentalità precostituite, rinnovandoci e ringiovanendoci quotidianamente.
Aperti e pronti a cambiare sui massimi sistemi, ci arrocchiamo e litighiamo però sulle nostre piccole certezze. Su queste non vogliamo essere messi in discussione. Piuttosto mandiamo all'aria un'amicizia, un'unione, un matrimonio in nome della nostra libertà personale quando il modo di pensare diverso dell'altro mette a rischio le nostre abitudini e ci impone di uscire dalla nostra zona di comfort.
Magari due persone di credo diverso non hanno difficoltà a restare insieme nonostante le divergenze sulle idee fondamentali, mentre due persone dello stesso credo hanno grosse difficoltà a restare insieme quando si tratta di decidere dove andare in vacanza. E di situazioni simili ne potremmo citare a volontà.
Forse in ambito sociale è vero, abbiamo ceduto sulle grandi idee divenendo tutti tolleranti e di mentalità "aperta", ma poi in casa nostra ci trasformiamo in "piccoli dittatori".
In fondo non vogliamo che l'altro ci chieda di cambiare stile di vita, di rinunciare a vedere quella trasmissione che ci piace, di smettere di frequentare quel tal collega, di andare in gita al mare o al parco, di andare a dormire presto o tardi, ecc... Vogliamo essere liberi di fare quello che ci pare, quindi più siamo simili alla fine meglio è... Ma come??? E la mentalità aperta, l'identità globale, la tolleranza di cui ci vantiamo, dove sono finite? Appena varchiamo la soglia di casa nostra, entriamo nel nostro regno e nessuno deve disturbarci.
La nuova sfida che ci tocca affrontare allora è di imparare a convivere con il diverso dentro casa nostra, se non vogliamo diventare schizofrenici. Fuori amabili e tolleranti, dentro rigidi e impazienti.
La posta in gioco sono le relazioni stabili, quelle vere, le uniche capaci di farci stare bene perché sono quelle entro cui "stiamo per intero" e veniamo accolti così, per quello che siamo e non per come appariamo. Può sembrare faticoso o che non ne valga la pena, ma a furia di vivere in questo modo, abbiamo rinunciato ad una vita felice in nome di una falsa libertà. I dati relativi all'aumento dei casi di depressione, di suicidio o di richiesta di suicidio assistito e anche di eutanasia in tutti i Paesi sembrano confermarlo.
Proviamo a trasferire la mentalità odierna globale e tollerante dentro le mura di casa nostra. Altrimenti dobbiamo riconoscere di essere persone doppie: pronte a chiamare tolleranza quella che in realtà è indifferenza... Perché alla fine è facile dire a una persona che la pensa o vive diversamente da noi: "Tu sei libero di fare quello che vuoi", purché non venga a invadere i confini di casa nostra.
Dobbiamo imparare a convivere con chi è diverso da noi: essere autentici, litigare e fare pace quando non si è d'accordo su qualcosa, senza troncare i legami alle prime conflittualità illudendosi così di semplificarsi la vita.
Quando c'è continuità e unità tra quello che siamo in società e quello che siamo in famiglia, raggiungiamo quello stato di ben-essere cui tutti aspiriamo e che consiste nel saper accogliere se stesso e gli altri per quello che si è, senza maschere o finzioni, senza tensioni o rigidismi che nascono dall'evitare il contatto con la realtà.
Ecco l'ultima identità territoriale che dobbiamo sforzarci di acquisire: la nostra identità reale: perché se abbiamo imparato a frequentare il virtuale e il globale, saper stare bene a casa nostra potrebbe essere l'obiettivo da cui ripartire.